Andrea Furcht

Razzismo e statistica: osservazioni sul pregiudizio

Parte 5 di 10
casa
Pagina principale
logo png
Scarica le pagine
come immagini
logo_MSReader
Scarica il file in formato
Microsoft Reader
freccia a sinistra
Indietro
freccia su
Sommario
freccia a destra
Avanti
busta
Scrivi

5 - L'analisi causale

Figura C - Relazione causale diretta

Per il razzismo è importante la relazione causa-effetto? Può non esserlo per il razzista (diciamo) empirico, che mira non tanto costruirsi una visione del mondo quanto a ricavare linee di condotta quotidiane. Non ha allora importanza sapere perché incontrare un membro di un certo gruppo può essere, poniamo, sgradevole o pericoloso. Tanto vale evitare il contatto e non farsi tante domande[1].

Il razzista sistematico pretende invece di costruirsi una rappresentazione della realtà: è allora più interessato all'essenza dei gruppi (cfr. Allport, p.241)[2], fino a configurarsi come un razzista metafisico. È a questo in particolare che ben si attagliano le considerazioni di Katz e Braly (citati in Miller (a), p.11): "Stereotyped pictures of racial and national groups can arise only so long as individuals accept consciously or unconsciounsly the group fallacy attitude toward place of birth and skin color. To the realist, there are no racial or national groups which exist as entities and which determine the characteristics of the group members"[3].

Si noti che l'ottica relativamente agnostica del razzista empirico implica una certa protezione rispetto ad alcuni errori nella raccolta dei dati, cosa che non vale nel secondo caso[4]. Per chi non ha interesse all'astrazione non importa infatti se il campionamento sia veramente rappresentativo di tutta la popolazione di riferimento. Ciò che importa è anzi che possano venire pesati maggiormente gli individui con i quali può venire in contatto: in sostanza, pur senza saperlo, l'interesse è su una popolazione diversa. Per esempio, è ben vero che gli immigrati sono solitamente uno specchio deformante (in peggio o in meglio) dei connazionali rimasti in patria. Ma questo non interessa l'abitante del paese di destinazione, che ricerca in realtà una guida rispetto gli appartenenti una data comunità straniera nei quali può imbattersi (per fissare le idee, quelli presenti nel suo paese)[5]; questo anche se poi, ignaro della distorsione campionaria, si formerà, e soprattutto trasmetterà, opinioni su tutto il gruppo.

Se il razzista metafisico, apparentemente più profondo, è interessato al rapporto di causa tra appartenenza di gruppo e presenza della caratteristica, va anche detto che maltratta poi l'analisi causale[6] perché tende a semplificarla: facilmente infatti considera quest'unico passaggio, dalla popolazione alla caratteristica. Trascurare le catene causali più importanti (le infinite interrelazioni tra fenomeni non possono comunque che venire colte parzialmente[7]) può essere molto costoso in termini di corretta utilizzazione delle informazioni, in quanto non si ha alcun controllo sulle relazioni spurie.

Facciamo subito un esempio, concedendo – senza necessariamente ammettere – un minimo di base empirica alla proposizione (pensata ad esempio da uno straniero): italiani = delinquenti.

La nostra rappresentazione mentale potrebbe allora essere quella rappresentata in figura c. In questo modo dovremmo presupporre che la maggior parte degli italiani sia criminale. Se qualche italiano non lo è, non sappiamo spiegarcene il motivo. Diversa invece la situazione se le nostre opinioni sono schematizzabili dalla figura d. Le nostre ipotesi sono ora più articolate, e sapremmo aggiustare il nostro giudizio qualora venissimo a sapere che un certo italiano è "di buona famiglia"; a questo punto il fatto della cittadinanza non avrebbe più alcuna rilevanza, dato che ci serviva solo ad ipotizzare la provenienza da una ambiente criminogeno[8]: ci troveremmo allora nella situazione illustrata dalla figura e. Altrimenti non avremmo saputo come utilizzare l'informazione supplementare, perché la nostra catena causale non offriva varchi.

Figura D - Catena causale con variabile interveniente

I legami tra variabili[9] possono essere immaginati in termini di coefficienti di correlazione; la direzione causale non può invece in alcun modo essere ricavata dai dati, che mostrano solo le variazioni concomitanti; anche se in certi casi questa può essere abbastanza evidente (difficile immaginare che si diventi italiani perché criminali, anche se niente può essere escluso). Ma pure l'intuizione è fallibile: anche sotto questo aspetto molte rappresentazioni mentali possano sbagliare per semplicismo[10].

Figura E - Catena causale modificata da una nuova informazione

In generale, possiamo così immaginare la costruzione di una variabile dipendente monocausata, per l'i-mo caso[11]: .

rappresenta lo scostamento dal valore teorico, interpretabile come la sintesi dell'azione di altre infinite determinanti[12]. Riuscendo ad individuare le più rilevanti[13], sarà possibile includerle nell'equazione, migliorando così le nostre stime[14] (ci aspettiamo che il nuovo residuo sia minore del precedente):

Il razzista accorto diventerà così perlomeno un razzista annacquato, perché per spiegare gli scostamenti si dovranno introdurre altri fattori significativi oltre all'appartenenza al gruppo[15].



[1] è chiaro come tale posizione sia estremamente rinunciataria, e poco abbia a che vedere con la classica ottimizzazione. Possiamo avvicinarla piuttosto al criterio di decisione che Manz, e Hoffmann chiamano Aspirationsprinzip: privilegiare le linee di condotta che rendano più probabile il raggiungimento di una determinata soglia minima di risultato.

[2] Si veda ad esempio l'affermazione "Gli stranieri sono per loro natura violenti e delinquenti", che Natale e Casacchia includono nel loro questionario appunto per cogliere il pregiudizio etnico, che essi definiscono come "relativo a una differenza ontologica e culturale" (p.449). Simpson e Yinger (pp.105-6) mettono in rilievo la rozzezza in termini di analisi causale di questo tipo di pensiero (chiamato substantial mode of mentality, da Sherif).

[3] È evidente l'analogia con la posizione olistica individuata da Popper (il suo corsivo è in tondo), che così ne espone uno dei principali presupposti (p.30): "...i gruppi sociali non devono mai essere considerati come mere riunioni di persone. Il gruppo sociale è qualcosa di più della semplice somma complessiva dei suoi membri, ed è anche qualcosa di più della semplice somma complessiva delle relazioni puramente personali esistenti tra i singoli membri in un qualsiasi momento determinato" – per poi confutarne la logica (e metterne in rilevo "banalità" e "vaghezza", cfr. pp.76-82). Forse più appropriato al nostro tema, però, il suo richiamo (estremamente critico, ovviamente) al "punto di vista popolare che gli enti sociali, some le istituzioni o le associazioni,siano enti naturali concreti come le folle di uomini, piuttosto che modelli astratti costruiti per interpretare certi rapporti astratti scelti tra individui" (p.125). Il nocciolo della questione sta nell'essenzialismo, esposto da Popper nel par.10 e definito "un genere di errore comunissimo" a p.122 ("ci illudiamo che i nostri modelli teorici siano delle 'cose'").

[4] Inoltre si tiene prudentemente alla larga dalle insidie (ma anche dall'utilizzo in termini di comprensione della realtà) del pensiero causale: per una discussione delle differenze tra finalità di stima e di inferenza causale vedi Blalock, pp.121-7 e 130-1.

[5] Questo richiamo alla pluralità delle possibili popolazioni di riferimento mi offre l'occasione di un chiarimento. Segre (p.384) contesta ad alcuni autori (Melotti e lo scrivente) di "[richiamare] l'attenzione sull'esistenza di una particolare propensione alla criminalità degli immigrati, senza soffermarsi in dettaglio sulle cause", ricondotte anche alla diversa composizione demografica (cfr. nota 43) – ad esempio, i maschi e i giovani sono maggiormente inclini a commettere reati. Questo è corretto se si indaga sulle propensioni "pure", come è infatti il caso di Segre. Ma se ci si occupa delle politiche migratorie, o dell'impatto dell'immigrazione, allora si deve prendere in considerazione la struttura della popolazione che si prevede effettivamente essere immigrata, o in procinto di farlo.

[6] Per le distorsioni nell'attribuzione causale del comportamento dovute agli stereotipi, vedi Hamilton e Trolier, p.130 e Miller (a), 23-4. Un classico errore di attribuzione casuale è il cosiddetto fundamental attribution error, così definito: "the tendency to underestimate the impact of situational factors in producing another's behavior and to overestimate the role of dispositional or personality factors" Jones, p.61; vedi pp.60-4; a questo si collega il fenomeno detto del blaming the victim (Jones, p.66 e Miller (b), p.500).

[7] è non solo inevitabile ma anche opportuno operare una selezione (cfr. Marradi, p.85 e Vitali, pp.609-10).

[8] Sul rapporto tra ignoranza e violenza, cfr. nota 89.

[9] In quest'esemplificazione conferisco dignità di variabile alle proprietà – per poter più semplicemente mutuare la terminologia utilizzata a proposito della specificazione dei modelli.

[10] Cfr. Popper p.122: "Per colpa dell'intuizione, certe persone non riescono nemmeno ad immaginare che ad altri la cioccolata possa non piacere".

[11] Cfr. ad es. Marradi, p.81 e, nel caso lineare, Blalock, p.120.

[12] Cfr. Blalock, p.99, ove si discute della posizione metafisica deterministica.

[13] Si tenga presente che "... c'È una difficoltà fondamentale: sembra che non esista alcun metodo sistematico per sapere con sicurezza se abbiamo individuato tutte le variabili rilevanti. Né abbiamo metodi a tutta prova per decidere quali variabili dobbiamo usare".

[14] Nel caso dei minimi quadrati, cfr. Vitali, pp.607-10. Per la differenza tra il caso della stima e quello dell'inferenza causale, vedi anche Blalock, pp.130-1; cfr. anche p.101.

[15] Si tenga però presente che l'apparente flessibilità nell'ammettere eccezioni può rappresentare un estrema difesa delle proprie convinzioni (Allport, p.245, Miller (a), p.9, Simpson e Yinger, p.108). "Prejudice is a misjudgement that one defends" scrivono Simpson e Yinger (p.21).



casa
Pagina principale
logo png
Scarica le pagine
come immagini
logo_MSReader
Scarica il file in formato
Microsoft Reader
freccia a sinistra
Indietro
freccia su
Sommario
freccia a destra
Avanti
busta
Scrivi