Andrea Furcht

Alcune relazioni tra crisi economica e immigrazione dai paesi in via di sviluppo

Parte 1 di 6


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Queste pagine sono dedicate ai riflessi che una fase di crisi economica può avere sugli effetti dell'immigrazione; lo spunto per queste riflessioni è naturalmente venuto dalla congiuntura che ha interessato il sistema economico in questi anni Novanta, con particolare riferimento alla situazione italiana negli anni di più acuto peggioramento (o forse, percezione di peggioramento) del quadro socioeconomico[1]. L'immigrazione presa in esame è quella dai paesi in via di sviluppo - tra i quali possiamo considerare, ai fini di questo tipo di analisi, anche i più poveri tra quelli dell'Est europeo.

Nella prima parte, di carattere introduttivo, ci si sofferma sul alcune conseguenze della crisi sull'immigrazione considerata nella sua globalità. L'argomento è affrontato sotto differenti angolazioni, per rendere almeno parzialmente ragione della complessità della questione.

La seconda parte ha invece come oggetto l'impatto delle singole componenti dei flussi migratori: il metodo sarà quello già adottato in precedenti interventi (Furcht 1990 e 1994), questa volta applicato in un contesto congiunturale. Questa parte è integrata da un'appendice che prende in considerazione la questione della criminalità, piuttosto trascurata in ambito accademico.

Ritengo quest'ultimo punto di importanza cruciale. è infatti prevedibile che il nostro paese avrà un fabbisogno crescente di manodopera straniera, in particolare nel settore dei servizi[2], cui dobbiamo aggiungere i familiari e quella quota di profughi che è dovere di ogni democrazia accogliere[3]. A chi entra nel nostro paese dovrà essere offerta la possibilità di lavorare e vivere nel migliore dei modi, su un piano pertanto di sostanziale parità con i già residenti. Questo non solo per una questione di principio, ma anche nell'interesse della popolazione locale, per prevenire tensioni etniche.

Per realizzare questo è però indispensabile una lotta decisa alla criminalità, e non solo perché debellarla è già in sé un obiettivo (piuttosto ovvio) di ogni collettività organizzata. La criminalità di origine straniera è particolarmente dannosa per i lavoratori immigrati perché da una parte può facilitare reazioni di rigetto indiscriminato dovute ad indebite generalizzazioni, mentre dall'altra sono proprio essi ad esserne le vittime privilegiate; a questo si aggiunga poi la naturale preoccupazione della società di accoglienza di non importare violenza ed illegalità. Per parafrasare un celebre detto economico, sussiste il pericolo che l'immigrazione cattiva scacci l'immigrazione buona.



[1] Il periodo cioè tra il 1992 e il 1994, caratterizzato dall'esclusione dal sistema monetario europeo e da un profondo terremoto politico, prima che il dibattito si polarizzasse sui parametri di Maastricht. A quegli anni si riferiscono in particolare le considerazioni che si trovano nell'introduzione alla prima parte.

[2] Cfr. ad es. Livi Bacci p.15.

[3] Possiamo vederla come una sorta di assicurazione a livello planetario contro eventi catastrofici quali guerre e persecuzioni.



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